Una nuova città: Comacchio

La prima menzione di Comacchio compare in un documento databile al 715 (o al 730). Si tratta di un testo, conosciuto con il nome di Capitolare di Liutprando, che stabilisce i rapporti tra i Longobardi e gli abitanti di un nuovo centro, Comacchio, per regolare i commerci lungo il Po e i suoi affluenti.
I Comacchiesi sono autorizzati a trasportare le loro merci nell’interno fino alla Capitale del regno longobardo, cioè Pavia, ma con l’obbligo di pagare dazi e pedaggi in una serie di stazioni o punti di approdo lungo i fiumi.
Dal Capitolare si evincono tre informazioni fondamentali: innanzitutto che agli inizi del secolo VIII è attivo, alle foci del Po, uno snodo commerciale, fino a quel momento sconosciuto. Poi che questo centro serve da smistamento per beni di produzione locale (sale), ma anche di importazione mediterranea (spezie, forse olio e garum, cioè una salsa di pesce). Infine, che i suoi abitanti costituiscono una comunità già socialmente organizzata, dal momento che essa è rappresentata da individui che si fregiano di specifiche qualifiche, come un presbitero (prete), un magister militum (comandante militare) e due comites (conti).

 

Comacchio, l’emporio e l’archeologia

Gli scavi archeologici condotti, dal 2006 al 2009, in piazza XX Settembre e Villaggio San Francesco hanno contribuito a ricostruire la fisionomia, sociale e culturale di questo abitato tra la Tarda Antichità e il pieno Medioevo.
Le tracce più antiche di occupazione stabile dell’area dove sorgerà Comacchio risalgono al VI secolo.
Nel VII secolo è documentata la presenza di una bottega artigiana che lavora il metallo e il vetro. In località Villaggio San Francesco sono attestate le tracce di sistemazioni spondali, banchine e piattaforme. Ciò significa che nel corso del VII secolo si struttura materialmente l’abitato, con i suoi porti, e compaiono anche tracce di attività manifatturiere specializzate.
Nel primo quarto del secolo VIII, un’iscrizione ricorda il nome del primo vescovo comacchiese (Vincentius) e che l’episcopio era stato fondato al tempo dell’arcivescovo ravennate Felice.
Gli scavi in piazza XX Settembre hanno restituito tracce indirette della più antica chiesa vescovile: doveva essere a tre navate, il pavimento forse in mosaico e le pareti presumibilmente decorate in marmo. Frammenti di capitelli tardo-antichi e colonne dimostrano l’ampio uso di materiale di spoglio proveniente dalla vicina Ravenna.
Gli scavi in località Villaggio San Francesco, che documentano l’abbandono del luogo e delle sue infrastrutture verso il X secolo, confermano indirettamente la crisi di Comacchio come emporio. Un riflesso di questa crisi è contenuto anche nella documentazione scritta e in quella materiale, dal momento che, a partire dal X secolo, scompaiono dagli scavi quasi del tutto le anfore, marcatori per eccellenza dei traffici comacchiesi.

Le produzioni materiali: ceramiche e vetri

Gli scavi di Comacchio hanno restituito molto materiale archeologico. Tuttavia i reperti che più si rinvengono nelle stratigrafie altomedievali sono le anfore, cioè i contenitori utilizzati per il trasporto delle merci.
Comacchio è al momento il centro che ha restituito il maggior numero di anfore di VIII-IX secolo di tutta l’Italia settentrionale.
Queste anfore sono diverse da quelle del mondo classico, soprattutto nelle dimensioni (sono più piccole) e nella forma del corpo (rotondeggiante). Analisi archeometriche hanno dimostrato che provenivano da luoghi diversi del Mediterraneo Orientale, in particolare dal Mar Egeo e dal Mar Nero. Analisi del loro contenuto hanno rivelato che trasportavano nella maggioranza dei casi vino. Tuttavia non si può escludere che trasportassero anche olio e garum.
Dagli scavi di Comacchio provengono anche numerosi frammenti di ceramiche realizzate con argille ben cotte e depurate: si tratta nella quasi totalità dei casi di contenitori provvisti di due anse e con il fondo piatto. Le analisi archeometriche indicano che sono molto probabilmente di origine locale. Possiamo dunque supporre che fossero anch’essi delle anfore, più piccole di quelle orientali e più funzionali al trasporto delle merci lungo i fiumi e le lagune.
Altre ceramiche caratteristiche delle fasi alto-medievali sono le invetriate in monocottura con decorazioni applicate (IX-X secolo), scarsamente diffuse nel nord Italia se non nelle zone costiere e di influenza bizantina.
Dagli scavi comacchiesi provengono anche molti vetri, alcuni dei quali forse prodotti nella stessa officina scavata in piazza XX Settembre: si tratta, quasi esclusivamente, di bicchieri a calice e di lampade per l’illuminazione.

La produzione artigiana

Uno dei ritrovamenti più interessanti dallo scavo di piazza XX Settembre è rappresentato dai resti di una bottega artigiana databile nel corso del VII secolo. In questa bottega sono stati rinvenuti i resti di strutture per la produzione e la lavorazione del vetro (fornace, postazione per la soffiatura dei recipienti) e del metallo (lavorazione del ferro e delle leghe di rame).
Lo scavo ha anche restituito resti della lavorazione, come crogiuoli e scarti (gocce di fusione, filamenti) e due eccezionali e uniche matrici.
La prima matrice è una valva in pietra dalla quale si dovevano ottenere lettere (in questo caso una N), probabilmente in bronzo. Si tratta di una tecnica conosciuta ed applicata nel mondo classico che trova comunque continuità nell’alto-medioevo (Cappella di Arechi II a Salerno, VIII secolo; San Vincenzo al Volturno in Molise). La matrice di Comacchio, peraltro per iscrizioni di piccole dimensioni, costituisce al momento un esemplare unico nel suo genere.
Ancora più sorprendente la matrice in bronzo per ottenere cammei in vetro bicolore (bianco e blu). La matrice di Comacchio è quasi identica ad un cammeo inserito in una cappella ora al Museo diocesano di Cividale del Friuli. Anche in questo caso si tratta di un unicum.
La presenza di queste matrici indica chiaramente come la bottega di Comacchio fosse altamente specializzata non solo nella realizzazione di prodotti comuni, come i bicchieri di vetro, ma anche oggetti più sofisticati.

Un’interminabile quotidianità

Gli scavi di piazza XX Settembre hanno consentito agli archeologi di farsi un’idea della vita quotidiana a Comacchio dopo il periodo medievale. L’area intorno alla cattedrale venne occupata da un cimitero e, proprio nelle sepolture di epoca moderna, sono stati ritrovati numerosi oggetti di carattere devozionale: rosari, medagliette e crocifissi. Alcuni di questi, come il rosario in lignite ed osso, da Santiago di Compostela, rappresentano oggetti legati al pellegrinaggio.
Una fossa di rifiuti, inoltre, racconta molto della comunità comacchiese del XVI secolo, attraverso l’alimentazione e i corredi domestici in ceramica.